Bulli. No grazie.
Mi sono sentito sparire. Ma sono riuscito a tornare più forte di prima e lo racconto.
David Fabbri è nato nel 2003 nella provincia di Firenze, da mamma Giada e papà Ugo. In realtà sarebbe papà Hugo, perché è nato in Colombia e appena arrivato in Italia, oltre a cambiargli il cognome, gli hanno tolto l’H. “Per “italianizzarlo” purtroppo…dico “purtroppo”, perché lui teneva alla sua “H” e ci tiene ancora, quindi, burocrazia a parte, per me resta papà Hugo”. Sostiene David.
La storia di David è una storia di diversità. Una diversità invisibile che prima va accettata, poi va spiegata e poi va vissuta. “Quando mi sono ritrovato completamente solo quel giorno, con quattro violenti che mi bloccavano e picchiavano davanti agli occhi di molti spettatori inermi, mi son sentito svanire, sì, svanire è la parola giusta. È stato come se il mio spirito uscisse dai pori della pelle e volasse via. Ero uno zombie. Incredulo e traumatizzato da quella orribile esperienza, non riuscivo a reagire. Il mio corpo non aveva neanche voglia di muoversi perché il cervello gli mandava un continuo messaggio: “SEI INUTILE”. Ma non era così.
David è un ragazzo giovane e, come tanti altri, ha una difficoltà invisibile che non gli permette di affrontare alcune azioni come tanti altri: DSA, Disturbi Specifici dell’Apprendimento. Per questo a scuola usa un computer, strumento oramai diffuso nelle classi, ma nella sua è l’unico e per questo alcuni compagni hanno iniziato a isolarlo, a deriderlo. Fino ad arrivare alla violenza e picchiarlo. In quel momento l’ambiente attorno a lui non reagisce, la sua famiglia tenta in tutti i modi di proteggerlo. Ma proteggere purtroppo non è abbastanza.
David vive i primi anni della sua adolescenza nella paura per gli altri, al limite che diventi una paura verso sé stesso.
David parla oggi come un grande adulto che conosce il valore del futuro, perché quel futuro lui ha scelto di andarlo a trovare. Con la forza di questa scelta e la consapevolezza di chi si è trovato a domandarsi e poi a compierla, David vuole condividerla con altri.
Lo racconta guardandosi indietro. A volte con difficoltà. A volte con la voce che si rompe. Dietro alle sue parole c’è un passato che ha più le sembianze di una cicatrice. Ma lo fa per gli altri. Per giovani come lui, più giovani di lui, perché sa quanto è terrificante rimanere soli. Quanto sia importante trovare la forza di parlare, di uscire da quella pericolosa paura che fa rimanere immobili e che nutre il desiderio di trovare una fine.
Realizza un cortometraggio per raccontare quello che ha vissuto, inizia a partecipare a incontri e a incontrare persone. A dare consigli a chi gliene chiede fino a diventare un Alfiere della Repubblica per aver portato luce su quello che tanti chiamano Bullismo e che per molti è una tortura senza uscita.
WEMBRACE OURSELVES
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Fa parte di questa sfera un individuo che, affrontando un percorso personale attraverso la propria diversità, la rende un valore per sé e per gli altri, diventando fonte di forza, energia e un punto di riferimento.