Quando sei come sei, non può essere sbagliato
Camilla Vivian – Mio figlio in rosa
Camilla Vivian è una madre come tante quando la sua creatura secondogenita, che le avevano detto essere un maschio, inizia a farle capire che si sono sbagliati ad attribuirle quel genere, lei invece è una bambina.
“Ti chiedi se stai sbagliando qualcosa” dice Camilla. All’inizio ci si trova a interrogarsi e a perdersi tra le mille domande, a pensare che sia solo un momento.
La società e le convenzioni spingono a catalogare, a porre nette barriere che spontaneamente un essere vivente non avrebbe: ciò che è fuori, è solo una piccola parte di quello che succede dentro a una persona.
Rosa o azzurro. Ma anche verde, giallo, blu, rosso, arancione. Sentirsi diversi deve diventare il diritto di essere diversi.
Camilla sceglie di ascoltare la sua creatura e di iniziare a considerarla per quello che realmente è, un’opportunità. Camilla si mette in ascolto, cerca supporto nella società e si scopre sola in un mondo che cerca di nascondere, che timidamente accetta, ma comunque esclude.
Con uno sguardo fuori dall’Italia, Camilla si scopre parte di un mondo più grande, in cui non è la sola a vivere quell’esperienza. Si documenta, raccoglie informazioni per anni e, alla fine decide di metterle al servizio di tutti, aprendo un blog come punto di supporto e contatto per altre famiglie nella stessa situazione. In breve tempo Camilla e la sua famiglia scoprono che tante persone hanno vissuto nel silenzio, nella solitudine di un’apparenza che non le rappresenta.
Così Camilla continua a scrivere, affinché queste persone trovino un riscontro, non si sentano sole e ricevano la corretta informazione ove la diversità di genere, la non appartenenza al binario uomo/donna deciso in base all’anatomia, altro non è che una delle innumerevoli sfumature dell’essere umano.
Piano piano le famiglie trovano forza e si moltiplicano, le informazioni fanno sì che si capisca che non c’è da aver paura ma da richiedere diritti a gran voce.
Camilla oggi vive in Spagna, ma continua la sua lotta in Italia dove la diversità di genere è ancora una porta in un ospedale in cui chiedere consiglio, sottovoce.
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