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MARCO CAPRAI – L’agricoltura che dà asilo
Alla crisi drammatica del mondo agricolo Marco Caprai risponde con un progetto che salvaguarda il nostro bene più prezioso, la Terra, e la più grande ricchezza che a essa possiamo donare: il lavoro delle persone.
Da oltre 30 anni impiega con successo operai agricoli rifugiati, offrendo lavoro, opportunità e formazione, promuovendo l’integrazione e dimostrando che l’accoglienza può trasformarsi in un beneficio per l’impresa e per il territorio.
Nei suoi splendidi vigneti di Montefalco, in Umbria, uomini e donne provenienti da tutte le latitudini contribuiscono con grande sacrificio al benessere collettivo di questa comunità che ruota attorno alla vigna e alla cantina. Questa attitudine all’impegno sociale è una tradizione familiare per Marco Caprai, che parla di famiglia e di rispetto per il lavoro con l’emozione di chi è consapevole che tutelare l’agricoltura in Italia è un dovere primario e che farlo attraverso l’integrazione è una scommessa che si può vincere.
I rifugiati vengono assunti come salariati agricoli, con tutte le carte in regola, poi seguono
diverse attività, dalla potatura delle viti alla raccolta dell’uva, e sono impiegati in tutti i settori, nei campi o nei lavori di cantina.
Un’integrazione, promossa da Caprai, che si è rivelata vincente: il 60% dei migranti è infatti rimasto a lavorare stabilmente presso l’azienda.
«Sono ragazzi che si prestano al sacrificio, arrivano alle 6 di mattina, tanti di loro in bicicletta, facendo 6-7 chilometri, alcuni in motorino e, via via che le condizioni economiche lo
permettono, in automobile. Sono una risorsa importante, spesso e volentieri sono la parte migliore dei Paesi da cui scappano: molti di loro hanno studiato, ed è bello vedere che qui trovano un’opportunità, un posto in cui mettere radici».
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La spinta al fare, all’essere soggetto del cambiamento diventa un mantra per chi sa che deve mettersi in gioco in prima persona per fare la differenza.